Architettura degli interni, oltre l’estetica.
L’Interior Design è il punto in cui la materia incontra la vita, dove lo spazio smette di essere una superficie da riempire e diventa un sistema complesso da comprendere, organizzare e restituire in una forma leggibile, coerente, abitabile. L’architettura degli interni, dicitura che preferisco, infatti non parla di tendenze ma di senso. Non è un esercizio estetico, ma un processo conoscitivo: indaga la relazione tra luogo e individuo, tra funzione e linguaggio, tra ciò che è visibile e ciò che resta implicito.
Il mio lavoro nel design di interni nasce da un principio semplice: “Le persone attraversano i luoghi, ma sono i luoghi a custodire la memoria del loro passaggio.“ Ogni progetto che affronto è una forma di dialogo con ciò che è già presente.
Se fare architettura è un atto politico, una scelta che determina l’identità collettiva e la partecipazione di chi abita gli spazi, fare interior design è un atto di intima responsabilità nei confronti delle persone e dei luoghi dell’abitare.
1 L’identità del luogo
Ogni mio progetto comincia con un’indagine. Scavo nella materia, nella storia, nella morfologia e nella cultura del luogo. Cerco le stratificazioni fisiche e immateriali che ne definiscono lo spirito, e che rappresentano la vera base del progetto.
Il design di interni è uno strumento di comprensione: attraverso la progettazione capisco un luogo, ne leggo le tensioni e ne interpreto le potenzialità. Ma capisco soprattutto il mio committente. E’ un’indagine che estende il concetto del genius loci alle persone che abiteranno gli spazi progettati: ogni progetto nasce infatti dall’incontro tra la permanenza dei luoghi e la transitorietà delle persone.
Lo spazio progettato nasce solo dopo questa fase di conoscenza condivisa con il cliente in un processo collettivo di analisi e ascolto. L’architettura degli interni non è mai un atto solitario: è contaminazione continua, verifica, confronto.
2 Architettura di interni come comunicazione
L’interior design è comunicazione allo stato puro. Come la stanza di un bambino che muta con la sua crescita, anche lo spazio parla di chi lo abita, ne segue i cambiamenti e ne restituisce l’identità. Ogni atto progettuale è una forma di linguaggio. Quando disegniamo uno spazio, stiamo comunicando qualcosa, che lo vogliamo o no. Parliamo a chi vivrà il luogo, ma anche a chi lo attraverserà, a chi ne vedrà un’immagine, a chi ne percepirà il racconto.
L’architettura degli interni è, in questo senso, un medium: uno strumento di comunicazione che si attraversa fisicamente, che racconta valori, scelte, intenzioni. Per questo credo che ogni progetto debba nascere da un pensiero consapevole. Ogni tratto, anche il più piccolo, incide un’idea di mondo. Un dialogo che ha la responsabilità di custodire e al tempo stesso trasformare. Questo è, per me, il senso profondo del design di interni: una forma di etica dello spazio, dove la bellezza non è fine a sé stessa ma strumento di conoscenza e di consapevolezza.
Come scriveva Sottsass jr. «Il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l’erotismo, il cibo e persino il design» (Ettore Sottsass, 1993)
3 Il senso del metodo quando ci sono tante variabili in gioco
Un metodo ha senso quando esiste una complessità da comprendere e ordinare. Non serve per imbrigliare la creatività, ma per darle direzione. Nel design e nell’architettura degli interni, il metodo è ciò che mi permette di trasformare l’intuizione in progetto, la visione in spazio concreto.
Progettare è dialogare
Il progetto è una conversazione. Il concept nasce nel punto d’incontro tra le esigenze del cliente e la visione del progettista. È la regola del gioco, la mappa che guida ogni decisione, e garantisce coerenza fino alla fine. Un buon concept non impone, ma orienta. È un accordo condiviso su cui tornare ogni volta che si rischia di smarrire la direzione. Attenzione: il concept non è “lo stile di arredamento”. Di questa questione avevo già parlato diversi (troppi) anni fa in questo articolo.
Il design di interni non è una questione di gusto
Nel design di interni il buon progetto non ha a che fare con l’oggettività. E non si fonda nemmeno sul gusto, ma piuttosto sulla coerenza. Come in cucina, si parte da una ricetta precisa: definito il concept, ogni materiale, colore e forma diventa un ingrediente funzionale a quell’idea. Ma lo stesso piatto può avere delle varianti che sono il punto di incontro tra lo chef ed il cliente. Ed è li che si crea la differenza: il miglior progetto pensato unicamente per quel cliente.
Il cliente è il mio sparring partner
Ogni percorso di interior design inizia da un’intervista approfondita. Non cerco mai di imporre una visione, ma di modellarla insieme al committente. Le esigenze funzionali ed emotive del cliente sono il primo dato di progetto: da lì inizia la costruzione di un linguaggio comune. In questo modo il campo da gioco sarà lo stesso e avremo modo di confrontarci al meglio.
Parlare con chiarezza
Non amo il linguaggio autoreferenziale dell’architettura. Credo che chi progetta debba saper comunicare in modo chiaro, spiegando non solo cosa fa, ma perché lo fa. Le persone devono comprendere il senso del progetto, non subirlo. In quegli spazi ci vivranno loro, non il progettista.
Nell’interior design l’intuizione è solo un caso
Non credo nell’intuizione come atto isolato. Credo nella preparazione, nella ricerca e nella disciplina. L’intuizione è il punto in cui il pensiero incontra l’esperienza e la trasforma in gesto. I progetti di interior design non esistono da soli: sono il riflesso di chi li vive, li attraversa e li interpreta.
Lo sguardo oltre il presente
Il mio obiettivo non è creare immagini perfette, patinate e “trend”, ma spazi duraturi. Le tendenze passano, la qualità resta. L’architettura degli interni deve evolvere nel tempo, non inseguire la moda. Per questo cerco sempre soluzioni costruttive e organizzative che anticipino il futuro, piuttosto che replicare il presente.
La geometria è la grammatica invisibile dello spazio
La geometria è la lingua del progetto. Regola la relazione tra gli oggetti, definisce proporzioni e ritmi, collega il disegno di una maniglia alla scala più grande dell’intero edificio. Quando la geometria è coerente, tutto il resto trova equilibrio.
Non esiste materia senza intenzione progettuale.
La materia è conseguenza del pensiero. Non scelgo mai un materiale prima di aver definito il significato che deve avere. Ogni finitura, texture o colore deve rispondere a una logica precisa, coerente con il concept originario. Un buon progetto ha spesso, ma non sempre, al suo interno un determinato equilibrio cromatico e materico.
L’importanza del dettaglio nel design di interni
La visione d’insieme è importante ma è nel dettaglio che si coglie il senso del progetto. Il dettaglio inteso non come ingegneristica pignoleria, ma come profonda attenzione alla visione generale dell’intervento: questo si condensa nella semplice regola di non avere più di tre materiali/tre colori “dominati” nel progetto di interior.
4 Un design di interni che evolve nel tempo
Un buon progetto di interior design non è mai statico. Deve sapersi adattare, evolvere con chi lo vive. Progetto sempre spazi flessibili, capaci di accogliere cambiamenti e nuove fasi della vita, perché il vero successo di un progetto è la sua continuità nel tempo. Quando il cliente comprende il concept e ne fa propria la logica, diventa lui stesso custode dell’evoluzione dello spazio. È in quel momento che il progetto vive davvero.
5 Il carattere nasce dal contrasto
Gli interni che resistono alla prova del tempo non sono neutri né perfettamente armonici. Sono luoghi in cui la tensione tra materiali, epoche e linguaggi genera identità. Nel design di interni, il carattere non nasce dall’uniformità, ma dal dialogo calibrato tra differenze. È lì che si riconosce la mano del progettista, la sua capacità di dare forma a un’emozione stabile, concreta, duratura.
Un progetto non deve solo piacere, deve durare, deve parlare, deve significare.
m.s.


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