SPAZIO REALE E SPAZIO VIRTUALE
“Munito dei suoi due occhi e guardando davanti a sé il nostro uomo cammina, si sposta, registrando lo svolgersi dei fatti architettonici che appaiono di seguito, uno dopo l’altro..offrendo al nostro sguardo muri e prospettive, il previsto e l’imprevisto che svela il segreto di nuovi spazi.”
Le Corbusier, Entretien avec les étudiants des écoles d’architecture, Parigi 1943.
Da dove nasce il concetto attuale di Spazio Virtuale? Il legame tra lo “spazio”, inteso come luogo indefinito, ed il “costruito”, definito come luogo edificato è una costante di ogni epoca: il costruire è da sempre infatti una delle cause principali dell’antropizzazione dell’ambiente naturale.
Lo spazio è inoltre un concetto condiviso tra geometria e cosmologia; in entrambi i casi la sua definizione è legata alla nostra percezione: limitata e afferente al corpo umano quella dello spazio fisico, apparentemente infinita e fuori dalla portata dei nostri sensi quella dello spazio cosmico.
L’architettura d’altro canto è per definizione la disciplina che ha come scopo l’organizzazione dello spazio nel quale si muove l’essere umano: un’arte in perenne evoluzione ed intimamente legata al bisogno ancestrale dell’umanità di sentirsi parte di un sistema spaziale delimitato e concluso. Nel momento in cui l’uomo ha lasciato la caverna per creare i primi insediamenti, l’architettura ha iniziato una propria evoluzione, legata ai sistemi sociali delle diverse culture, appropriandosi dello spazio naturale e definendo quindi il concetto di spazio artificialmente delimitato.
La definizione di spazio inoltre non è dissociata da quello del tempo in quanto pur con le dovute concessioni il nostro vivere è regolato da azioni spazio-temporali: ci spostiamo da un punto all’altro e compiamo determinate azioni nel corso del “tempo”. Le ore, i muniti o i secondi intercorsi nel tragitto sono elementi che come lo spazio sono per l’appunto “definiti” per convenzione e altresì misurati in base ad elementi alla nostra portata.
Ad oggi tutto è regolato e continuamente misurato da strumenti tecnologici: rispetto a soli cento anni fa la nostra giornata è scandita da una moltitudine di strumenti dedicati alla misura del tempo e dello spazio. Di fatto l’evoluzione del genere umano potrebbe essere tranquillamente raccontata anche solo descrivendo, dalla clessidra all’orologio atomico, le innovazioni tecnologiche per la sua misurazione intercorse nei secoli.
Ma, se è pur vero che il tempo sembra svolgersi lungo una linea di flusso unidirezionale (senza addentrarci in questo frangente nella possibilità di viaggiare nel tempo grazie ai cunicoli spazio-temporali teorizzati anche da Einstein) lo spazio viene invece percepito e sperimentato secondo tre dimensioni, dando luogo a tre classi di grandezze (lineari, di superficie, di volume). Nello spazio “reale” le grandezze della stessa classe sono tra loro confrontabili, grandezze di classi diverse non lo sono mai (così come, ad esempio, essendo il punto un elemento adimensionale non è possibile definirne la quantità in un metro cubo o lineare).
Estensione dello spazio-tempo reale (in quanto misurabile e percepito da tutti i nostri sensi) è lo spazio virtuale: una proiezione mentale e figurativa nella quale il nostro io si muove cercando di adattarsi ad elementi apparentemente in contrasto con quelli della realtà conosciuta. Uno spazio artificiale dove le leggi della fisica vengono meno e ci costringono a continui salti di scala percettivi.
La realtà virtuale come la conosciamo oggi è solo lo stato dell’arte di una pratica comune nel corso dei secoli. Si pensi ad esempio all’introduzione della prospettiva e dei trompe-l’oeil nella pittura o anche solo all’invenzione del cinema nel secolo scorso e all’evoluzione della realtà percepita nei mondo dei videogiochi. Quella virtuale è infatti una dimensione che si aggiunge allo spazio reale nel quale si vive, o si è abituati a vivere.
L’architettura è quindi un’estensione del concetto di spazio nel quale siamo soliti muoverci. Lo spazio virtuale è ancora un territorio di cui non si conoscono le regole ma che proprio per questo è in grado di supportare diversi livelli di coscienza e quindi di nuova conoscenza: sul web dal progetto “second life” in poi si è dovuto fare i conti non solo con il proprio “ego” ma anche con la trasposizione virtuale del proprio “sè” aprendo di fatto un nuovo capitolo nella definizione delle relazioni interpersonali tra diversi “avatar” (gli slviluppi futuri su questi metaversi saranno sicuramente da osservare con attenzione)
L’architettura virtuale è in grado di avvicinare l’uomo ad una visione dello spazio ed del tempo non assoluti: come detto, le nozioni classiche di geometria o di peso non valgono necessariamente e certe forze, che non è possibile realizzare nella realtà, si possono simulare grazie appunto alla virtualità. Progettare architettura per questo spazio deve far parte dell’attività degli architetti e del loro mestiere: l’architettura virtuale è infatti “l’architettura delle possibilità”.
Non è solo la trasposizione o il progetto digitale di uno spazio fisico ma un universo nel quale il virtuale è l’estensione del reale: la percezione che il cervello ha dello spazio reale da quello virtuale è infatti diversa e coinvolge in maniera multiforme il suo fruitore. I limiti nell’utilizzo di questo ambiente sono essenzialmente legati alla mancanza di familiarità con esso.
In architettura il progetto degli edifici è quindi sempre più orientato a dare informazioni multiformi che vengono create per livelli successivi grazie ad esempio ai software di progettazione BIM (Il National Institutes of Building Science definisce il BIM come la “rappresentazione digitale di caratteristiche fisiche e funzionali di un oggetto”). All’interno dello spazio virtuale, ad oggi, la creazione di architetture “reali” è necessaria perché questa sia comprensibile e fruibile secondo i nostri sensi: è poi compito dell’innovazione tecnologica aggiungere substrati di informazioni cognitive in grado di accrescere la nostra esperienza virtuale.
La virtualità come la conosciamo oggi non è un punto d’arrivo ma è quindi l’inizio di un nuovo modo di pensare lo spazio, inteso come un insieme di layer multi-dimensionali nei quali definire le nuove frontiere dell’esperienza percettiva dello spazio-tempo.
m.s.
Bibliografia
- Paul Virilio, Lo spazio critico, Edizioni Dedalo, 1988
- Virtual Architecture, Giuliano zampi, Conway Lloyd Morgan, 1995
- Giuseppe Gentile, Renato Migliorato “Dai caldei ad Einstein, breve storia del tempo e dello spazio” Dipartimento di Matematica – Università di Messina, Italy “Quaderni di Ricerca in Didattica”, n16, 2006. G.R.I.M. (Department of Mathematics, University of Palermo, Italy)
- Vatinno, Giuseppe, “Storia naturale del tempo : L’effetto Einstein e la teoria della relatività / Giuseppe Vatinno” Armando, 2014
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