LA MANCATA CULTURA DEL PROGETTO
“Oops! Forgot to include a door!” così titola il retro di copertina di uno dei due libri che tratterò in questo articolo. Un’esagerazione? Non troppo, vista la poca attenzione che si nota in alcune rappresentazioni riguardanti il tema del progetto di architettura.
Come sopravvivere alle miriadi di informazioni visive che ci bombardano ogni giorno dai social, dalle riviste di architettura, dai blog dedicati al design? O meglio, come può uno studente alle prime armi nel mondo del design e dell’architettura non farsi sopraffare dall’enorme produzione di immagini, render, schizzi e disegni altrui cedendo alla tentazione di abbandonare tutto per manifesta incapacità? La risposta è semplice quanto ardua da perseguire: curare il proprio pensiero, coltivarlo continuamente e definirlo nel concetto e nello stile.
Non è certo un’operazione da poco. Per avere un proprio stile, inutile dirlo, bisogna comunque imparare dagli altri. Ecco perché si studiano i pionieri dell’architettura moderna e quanti nell’architettura e nel design contemporaneo hanno in effetti qualcosa da dire di innovativo e di diverso da quanto già visto.
Gli scaffali di architetti e designer, sono infatti spesso ricolmi di libri dedicati a correnti storiche e stili, testi per lo più monografici ed espressione chiaramente di un contesto progettuale per lo più definito, immortalato in immagini iconiche e referenziali.
In alcuni casi, si ha la fortuna di incontrare libri propedeutici dedicati alla metodologia ed al pensiero dei maestri: Sottsass, Mendini, Mari solo per citarne alcuni. Se parliamo di metodologia progettuale è il nome di Munari che, soprattutto in Italia, ricorre come unico riferimento autorevole.
I manuali sono prettamente didascalici e sono spesso un compendio di soluzioni tecnologiche per le diverse necessità progettuali.
Soprattutto per chi è alle prime armi, poco o nulla si trova riguardante l’aspetto teorico – pratico nella visualizzazione del progetto e nelle sue basi legate al segno ed alla composizione. Per gli studenti universitari, l’apprendimento della tecniche di visualizzazione è delegata da sempre al percorso scolastico ed ovviamente al tirocinio in studio.
Esistono però alcuni testi interessanti da questo punto di vista. In particolare due agili manuali in lingua inglese che possono essere davvero di valido aiuto nell’apprendere alcuni concetti base riguardanti il disegno e la comunicazione del progetto.
101 THINGS I LEARNED IN ARCHITECTURE SCHOOL
Il primo è “101 Things i learned in Architecture School” di Matthew Frederick. In questo piccolo libretto, la finalità dell’autore è quella di definire dei punti cardine del percorso creativo al fine di superare il naturale impasse che si genera all’inizio di un problema architettonico.
Il manabile, illustrato dall’autore, tratta del come disegnare una linea, del come interpretare pieni e vuoti, del rapporto positivo-negativo in funzione del costruito e della persona che lo vive.
Il concetto di spazio diviene fondamentale per definire, oltre il segno grafico, il peso del progetto e la creazione del “luogo” tramite la definizione di pieni e vuoti.
Meme fondamentale del testo è che “Un architetto conosce qualcosa di tutto, mentre un ingegnere conosce tutto di un argomento”: è quindi l’importanza della conoscenze multidisciplinari a fare dell’architetto il professionista in grado di dialogare con il cliente e con tutti i membri del team progettuale.
Il manuale si occupa quindi di lettering, di metodologia progettuale, di visualizzazione grafica, di colori e segni. Lungi dal voler essere esaustivo in ogni argomento è però una preziosa via per aprire i chakra sopiti lungo il periodo di formazione scolastica. Se volete approfondire il suo pensiero date un’occhiata a www.frederickdesignstudio.com.
THE ARCHITECTURE SCHOOL SURVIVAL GUIDE
Il secondo, del 2015, è The Architecture school survival guide di Iain Jackson, docente di Architettura all’Università di Liverpool; la finalità espressa dall’autore di questo libro è semplice: aiutare il lettore ed i suoi disegni a comunicare in maniera più efficace evitando gli errori più comuni legati al progetto ed alla sua rappresentazione.
Il libro offre suggerimenti semplici ma assolutamente efficaci per conseguire nuovi punti di vista ed approcci diversificati alla materia architettonica. “La fotografia di un edificio non è l’edificio” è una delle massime che troviamo al suo interno e che ben rappresentano il punto di vista dell’autore: andare oltre la massificazione visuale imposta dalle riviste e da siti dedicati ad architettura e design.
Vengono affrontati temi diversi come l’importanza della scala nella rappresentazione, la funzione dell’involucro, gli “elementa” architettonici e la comunicazione del progetto. Se vi interessa potete anche seguire Iain Jackson su Twitter e restare aggiornati sul suo lavoro di docente e ricercatore.
Due testi quindi molto simili per finalità didattiche, dedicati soprattutto agli studenti che non dovrebbero però mancare sul tavolo da lavoro anche di professionisti affermati.
m.s.
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