LE RAGIONI DEL MINIMAL DESIGN
Destinato molto prima della globalizzazione ad influenzare l’architettura e l’arredo di interni del mondo occidentale, lo stile giapponese, ha manifestato da subito i suoi tratti distintivi: rigore, pulizia e abolizione del superfluo. Al contempo le laccature cinesi, i colori caldi e i dettami del Feng Shui hanno fatto breccia nell’immaginario collettivo proponendosi di fatto come alternativa al minimal del sol levante.
Dopo le prime influenze, di fatto folkloristiche e riservate ad un pubblico di fortunati viaggiatori dell’età vittoriana, dal secondo dopoguerra del secolo scorso, la purezza delle linee, gli elementi essenziali, l’attenzione e la cura dei dettagli del Japan style sono diventati punto di riferimento per la cultura minimalista.
Nella moda e nel costume, il vento dell’estremo oriente, quel far east colorato che ha ammaliato e sedotto generazioni di giovani occidentali a cavallo degli anni 70, fatto di cultura indiana “peace and love” è ormai da anni bilanciato da un pacato minimalismo dagli occhi a mandorla.
Dall’involtino primavera al sushi , l’Occidente dei giovani si nutre da anni dell’esistenza di Cina e Giappone: intimista, rurale ed operaio quello cinese, minimalista e raffinato quello giapponese, questi paesi già secoli fa applicavano in modi e tempi diversi lo stesso rigore e razionalità all’estetica del quotidiano che l’Europa ha raggiunto col movimento moderno solo nel secolo passato.
ZEN E FENG SHUI
In arredamento esiste però una notevole differenza tra lo stile originario dei due paesi, che si può apprezzare nelle scelte più eclettiche ed etniche e lo “stile minimal” che discende da questi.
Il minimo Zen, ove la riduzione investe anche il particolare e il particolarmente semplice trattamento dei materiali,si afferma per lasciar spazio alla riflessione, allo svolgersi della relazione fra il soggetto e l’articolazione spaziale: muoversi, toccare, vedere, sono azioni che riacquistano un loro significato qualora possano avere luogo in uno spazio nel quale non si abusa delle complicazioni formali e nel quale la luce, alla pari delle materie più elementari vede riconosciuta la sua proprietà di conferire “qualità” alle situazioni.
Vero è che, molti trend che si trascinano dagli anni novanta hanno sfruttato il mito del Giappone Zen e delle ‘cose semplici’ anche per nascondere un vuoto culturale e intellettuale, di cui l’idea del nulla, è molto più che una semplice metafora: è esattamente lo status quo di buona parte della cultura decorativa di quegli anni.
Il “total white” e l’arredamento minimal hanno permeato per anni l’offerta di buona parte dei produttori di mobili e complementi, contraddicendo “de facto” uno dei principi fondamentali della stessa filosofia zen ovvero l’eliminazione del superfluo.
Complementare all’assolutismo minimalista Zen è il movimento Feng Shui: questa antica arte del taosimo cinese pone l’accento sulla conseguenza diretta della semplice presenza della materia animata od inanimata che ci avvolge senza soluzione di continuità, ovvero del flusso di energia che, interagendo con il nostro essere, da essa emana o da essa è assorbita.
E’ questa “emanazione” dalle cose intorno a noi che, a seconda della loro “buona” o “cattiva” posizione e secondo la composizione materica può favorire o alterare in decremento la nostra vitalità e la nostra salute. Il Feng Shui non propone uno “stile di arredamento” per la casa minimalista: materia, forma e disposizione spaziale degli arredi, se mal coordinati, alimentano campi magnetici “dannosi” che sono nocivi per la salute. Architettura e arredamento devono anche loro essere un equilibrio tra ying e yang.
L’aspetto che però più interessa la cultura dell’abitare è che questa disciplina è di fatto diventata un business del “complemento d’arredo” ovvero complemento d’arredo esso stesso, che basa i propri principi e la propria diffusione sull’attività di consulenza dei guru della materia, che possono avvalersi di negozi molto Feng Shui , di riviste specializzate Feng Shui, di corsi Feng Shui e di appassionati cultori dell’argomento.
Se è molto Feng Shui spendere i soldi come si vuole sono però gli stessi presupposti di questa “filosofia” a scontrarsi con l’insana realtà moderna, fatta di caos urbanistico, di groviglio di lamiere e materiali compositi , di ogni sorta e tipologia di inquinamento dove qualsiasi forma di armonia ed equilibrio sembra non avere più motivo di esistere. L’ambiente sano è una rara eccezione e non la regola, ed il Feng Shui fornisce quell’alibi per chi vuole scagionare se stesso dalla colpa di desiderare un nuovo egoismo, ristretto fra le solite quattro mura di casa. Come nei mercatini di modernariato (vedere “Lo stile vintage”) , architetti, arredatori e designer si rivolgono ad un pubblico, quello della ricca middle class europea e americana, che va alla ricerca delle ‘cose buone d’una volta’ per una sorta di senso di colpa nei confronti della vita artificiale e dispendiosa che conduce.
LA CASA ORIENTALE E LA CASA MINIMALISTA
Zen e FengShui possono coesistere negli stili di arredamento? Sembrerebbe proprio di si, se si evitano le facili citazioni. Le due filosofie appartengono a sfere culturali e stilistiche assolutamente diverse della storia moderna ma che hanno radici comuni nel pensiero “orientale”. Quello che ci piace dell’abitare orientale non è dunque, o solo, riconducibile ad uno stile particolare dei mobili e complementi, ma è l’aura che permea un accostamento accurato tra un secretaire cinese dell’ottocento, un mobile funzionalista giapponese contemporaneo ed una credenza tibetana dei primi del ‘900.
Nella casa minimalista, non sono i mobili ma il vuoto che li abbraccia a ricreare lo “spirito” che aleggia in questi spazi abitativi. La nozione del “vuoto”, essenzialmente religiosa e correlata al pathos indicato quale principale caratteristica della vita e dell’umana esistenza nella tradizione buddista, permea di sé le arti e l’architettura giapponesi. Talvolta questo processo di riduzione matura quasi in opposizione al proliferare di immagini persuasive e seducenti,volte ad esaltare l’oggetto-merce,specie quando si tratta di spazi commerciali.
Nell’arredamento di interni “la casa in stile orientale” ha quindi subito un’evoluzione importante: se prima erano i mobili ed i materiali icona (la carta di riso, la ceramica raku, il tatami, le lacche, i colori della terra ad esempio) a definirne il profilo, nel tempo questi elementi, seppur ancor presenti come “pezzi forti”, sono stati sostituiti dal concetto della “casa in stile minimal”.
L’uso di una geometria semplice è un fatto connaturato all’architettura: le figure geometriche, per definizione, figurano come parola prima dell’architettura. Nell’architettura del Movimento Moderno, il semplice era una metafora della economicità e della rapidità dei procedimenti produttivi, l’elementarità era un mezzo per la comunicazione diretta dei contenuti funzionali. Oggi, l’uso della geometria elementare indica nuovamente la necessità di operare una riduzione nella seduzione esercitata dalle forme, con una nuova concentrazione sul dato geometrico.
La percezione della scala dell’oggetto, il senso della misura richiedono per essere colti, la presenza fisica dell’osservatore. Il significato affidato all’esperienza,insieme alla scarsa simbolicità del linguaggio, ci fa credere che la casa minimalista si sforzi di sondare la relazione che esiste tra il “regno delle idee” e il”regno delle cose”.
Il progetto,in questa architettura si configura quindi come “lavoro con il minimo”: privato dalla magniloquenza dei grandi gesti, affida il proprio contenuto di rappresentazione al valore figurativo dell’architettura, a segni minimi intesi come indizi forse ancora più adatti dei grandi monumenti a rivelare la verità del luogo.
In questo articolo intitolato “I luoghi dell’abitare e gli stili dell’arredamento” troviamo l’elenco degli altri articoli dedicati ai diversi modi di vivere la casa.
m.s.
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13 Gennaio 2018 12:15Pingback: Lo stile nordico. Tra minimalismo e stili di vita Hygge e Lagom.
2 Marzo 2018 0:03